1963 (21 marzo) - FAME  

   

Campagna mondiale contro la fame.

I francobolli raffigurano due formelle della Fontana Maggiore di Perugia - "la semina" e "il raccolto" - opera di Nicola e Giovanni Pisano.

Furono venduti  7.968.281 esemplari del francobollo da 30 L. e 4.737.083 esemplari del francobollo da 70 L., rimasero validi per l'affrancatura fino al 31/12/1964.

Fontana Maggiore a Perugia
L’elemento di maggiore attrattiva della Piazza Grande di Perugia, oggi Piazza IV Novembre, nel quale si coagula con il significato spaziale anche quello artistico della piazza, è la Fontana Maggiore, bellissima per eleganza delle linee, l’armonia delle forme e l’alto pregio della decorazione.
Fu eretta nel 1278 forse su disegno di fra Bevignate, che immaginò due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una tazza bronzea. La Fontana è una delle più belle, per eleganza di linee, armonia di forme e pregio nella decorazione incentrata in 50 bassorilievi e 24 statue con cui la ornarono Nicola e Giovanni Pisano. Gli specchi delle vasche rappresentano personaggi, santi, simboli e scene attinenti alla città e alla fantasia medievale. La Fontana ha recentemente subito un restauro durato cinque anni che l'ha riportata all'antico splendore.

La storia: 
13 febbraio 1278. La città di Perugia è riunita nella Piazza Grande, il fulcro attorno al quale ruota la vita del borgo umbro, dove affacciavano il duomo, il vescovado, il palazzo dei Consoli, quello del Podestà e quello del Capitano del Popolo. L'occasione è da non perdere: si celebrano la conclusione dei lavori dell'acquedotto che porta l'acqua in città e della fontana, splendida, che ne mostra le acque.
Il popolo perugino, da decenni, era costretto a pagare un onere molto alto per potersi assicurare il fabbisogno di acqua. La morfologia di Perugia, città appollaiata su un doppio colle, favoriva la difesa militare ma rappresentava un ostacolo per l'approvvigionamento idrico. Come fare arrivare nell'abitato le acque sorgive scoperte nel vicino Monte Paciano?
Fra Plenerio, Bonomo di Filippo da Orte, Fra Leonardo da Spoleto, frate Alberico francescano, maestro Guido di Città di Castello, maestro Coppo di Firenze, don Ristoro di Santa Giuliana e maestro idraulico Boninsegna veneziano si erano succeduti alla guida dell'impresa fino all'arrivo, nel 1277, di Frate Bevignate dell'ordine dei Silvestrini.
Uomo capace, energico e risoluto, che le cronache vogliono morto ultracentenario, Bevignate riuscì a portare a compimento, in pochi mesi, i lavori dell'acquedotto e della fontana. Il successo fu tale da garantire al frate silvestrino la cittadinanza di Perugia e la guida di tutte le imprese che si compiranno in città nei decenni immediatamente successivi. 
Che fosse ingegnere, architetto o scultore o queste tre cose insieme non è chiaro, ne è chiaro se debba essere ricondotto a lui o ai due più famosi scultori, Nicola e Giovanni Pisano, il progetto d'insieme della fontana. Resta anche da chiarire, ma la questione probabilmente non avrà mai soluzione definitiva, a chi debbano essere ascritte le singole opere d'arte che ancora fanno mostra di sé sulle vasche della fontana: l'esecuzione dell'intera opera fu talmente rapida che dovette parteciparvi una nutrita bottega. 
Eppure, nonostante i tempi ridotti, nelle due vasche poligonali di dimensioni differenti, e nella conca pensile in bronzo che sta loro al di sopra, si compie un passaggio epocale della cultura figurativa. La struttura della fontana, di cui non mancano citazioni più o meno semplificate in altre cittadine del centro Italia, gli 85 volti umani e i 61 animali su di essa scolpiti sono espressione di un vocabolario nuovo, in parte nato oltralpe e poi disceso nella penisola, in grado di tradurre la nascente sensibilità protoumanistica. Nelle formelle e nelle statuine di Perugia, ancora prima che nel pennello di Giotto, appare la terza dimensione, la conquista dello spazio. Nei bassorilievi della vasca inferiore i piani arretrano, dando corpo e solidità alle figure, mentre i santi e le figure allegoriche della vasca superiore, dietro i panneggi, sembrano spinte dal soffio della vita. È il segno evidente della presenza di Nicola Pisano e di suo figlio Giovanni, due giganti della scultura italiana duecentesca che, in proporzioni diverse, hanno legato la lezione dell'antico con i dettami dello stile gotico.